L’Istituto del mondo arabo
Se vogliamo proprio cominciare dall’inizio, il nostro viaggio partì dall’Istitut du Monde d’Arabe a Parigi, che è il tempio in Europa della cultura araba. Fu divertente cercare fra i reperti esposti gli oggetti marocchini, distinguendoli da quelli provenienti dalle altre culture islamiche. Mi sembrava giusto prima di immergermi nel Marocco prenderlo da lontano, partire dalla sua storia, con rispetto. Ma a farla da padrone nell’Istituto sono senz’altro i ritrovamenti provenienti dalla Persia.
In realtà l’istitut du Monde d’Arabe non è un museo, ma un centro polivalente preposto alla divulgazione della cultura araba in tutti i suoi aspetti.
Ma la cosa più incredibile sono le finestre, perchè secondo me rappresentano un colpo geniale dei progettisti, infatti si aprono e si chiudono come l’esagono dell’obbiettivo di una macchina fotografica, ma attraverso quella forma rappresentano anche un motivo classico del mondo arabo. È un caso unico in cui un solo segno dice, magistralmente e inequivocabilmente, due cose.
Ma soprattutto fu in quel Centro che mi accorsi per la prima volta della propensione alla favola insita nel pensiero arabo. E me ne innamorai. Nelle bacheche sono esposte vere e proprie strisce di quelli che oggi chiameremmo fumetti, meravigliose fiabe disegnate di non so quanti secoli indietro, contenenti una morale e avendo quasi sempre come protagonisti gli animali.
E poi la calligrafia che nella cultura araba diventa arte, all’Istitute du Monde d’Arabe esplode, in tutta la sua bellezza, in reperti di una grazia e precisione spesso commoventi. Si tratta soprattutto di pergamene srotolate, quasi sempre contenenti passi del Corano.
E poi c’è il Louvre a Parigi, con l’area immensa dedicata all’Islam e certi gioielli, di una raffinatezza tale che nessuna donna europea sarebbe in grado nemmeno di immaginare per se’.
Ero con Valentina. E fu strano stare a Parigi con Valentina, mi ricordo soprattutto la sua grazia, il suo modo di essere (e di vivere) delicato. Mi accompagnò dappertutto, capì che stavo facendo qualcosa di importante che nemmeno io sapevo cosa, ma aveva un senso. Fluttuammo. E ci tenemmo persino a braccetto prima di arrivare alla Moschea. Fu bello discutere dell’avvenire, di quello che avrebbe portato il business delle lampade, a me, Lorenzo, e a chi ci avesse seguito. Parlammo in francese, veramente soprattutto lei, con il proprietario di un bazar marocchino a cui cercammo di estirpare i segreti del suo lavoro, e di come muoversi con l’import, senza fare errori, e come diventare ricchi in fretta e divertendosi…